vittorio gregotti-tratto da archimagazine

Vittorio Gregotti

Vittorio Gregotti Vittorio Gregotti, nato a Novara nel 1927, si è laureato in architettura nel 1952 al Politecnico di Milano. Dal 1953 al 1968 ha svolto la sua attività in collaborazione con Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino. Nel 1974 ha fondato la Gregotti Associati srl, di cui è presidente.
È stato professore ordinario di Composizione architettonica presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ha insegnato presso le Facoltà di Architettura di Milano e Palermo, ed è stato visiting professor presso le Università di Tokyo, Buenos Aires, San Paolo, Losanna, Harvard, Filadelfia, Princeton, Cambridge (U.K.) e all'M.I.T. di Cambridge (Mass.).
Ha partecipato a numerose esposizioni internazionali ed è stato responsabile della sezione introduttiva della XIII Triennale (Milano 1964), per la quale ha vinto il Gran premio internazionale. Dal 1974 al 1976 è stato direttore del settore arti visive ed architettura della Biennale di Venezia. È Accademico di San Luca dal 1976 e di Brera dal 1995. Gli è stata conferita la laurea honoris causa dal Politecnico di Praga nel 1996 e dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Bucarest nel 1999. Dal 1997 è membro della BDA (Bund der deutschen Architekten) e dal 1999 è membro onorario dell'American Institute of Architects.
Dal 1953 al 1955 è stato redattore di Casabella; dal 1955 al 1963 caporedattore di Casabella-Continuità; dal 1963 al 1965 direttore di Edilizia Moderna e responsabile del settore architettura della rivista Il Verri; dal 1979 al 1998 è stato direttore di Rassegna e dal 1982 al 1996 direttore di Casabella. Dal 1984 al 1992 ha curato la rubrica di architettura di Panorama, dal 1992 al 1997 ha collaborato con il Corriere della Sera e dal 1997 collabora con la Repubblica.Usando le parole dello stesso Gregotti, compito dell'architettura è di produrre un'ipotesi di ordine, non di ritrarre il caos che ci circonda. Il progetto è sostanzialmente strategia della resistenza, opera criticamente e richiede rigore e regole severe. Nei materiali vanno identificate delle tracce, piccoli segni, per governare la "generazione" del progetto. Il progetto deve avere un modo di "procedere lento e intenso, fatto di tracce discrete se non proprio segrete di segni generatori".
Il "far consistere" del progetto richiede regole severe in un atteggiamento capace di rifuggire sia dall'ottimismo che dal pessimismo. Bisogna calmare l'ansia. Le virtù del progetto sono: semplicità, ordine, organicità, precisione. Dal punto di vista etico l'atteggiamento è chiaro e per molti versi condivisibile. Il progettista deve innanzi tutto accogliere. Nessuna volontà di potere lo deve caratterizzare; nessuna presuntuosa enfasi della propria personalità, espressività o visione del mondo. Molta cura nell'accogliere e nel disporre i materiali, quindi capacità di oggettivare, distanza analitica, sguardo disponibile e a tutto campo, capacità di porsi in relazione conoscendo di volta in volta situazioni e condizioni. [...] Da tutto ciò alcuni caratteri della sua architettura. Il suo essere fortemente unitaria ed esito di evidente processo di "distillazione".
Il suo tendere alradeguatezza non mimetica che diventa feconda inquietudine, come annotava Manfredo Tafuri nella sua Storia dell'architettura italiana, in quanto la semplificazione tende a rappresentare una molteplicità di materiali eterogenei sino a scontrarsi con essi. [...]
Tratto da Roberto Masiero, Io scrivo che Gregotti progetta…in "Gregotti Associati. La costruzione dello spazio pubblico", Alinea 2002


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